A cura di Giuliano
Parise e Stefano Busetti.
Qualche anno fa Anant ha presentato sul mercato delle pialle
per spianatura (bench planes) di qualità dichiarata “superior”. Sono disponibili in
due modelli: AA4 e AA5.
Sono dichiarate, una suola più spessa, lati e suola già
prelappati, introduzione di alcune parti in ottone e lama da 3,3 mm.
Avendo a disposizione una AA5 abbiamo deciso di confrontarla con una Stanley
#5 vintage, type 12, prodotta tra il 1919 e il 1924 ed equipaggiata con una lama
della serie SW.
Ecco le immagini delle due pialle:
La vecchia Stanley presenta il classico look di questi
attrezzi, dotati, lo ricordiamo di manici in palissandro. La Anant AA5, a
differenza delle serie precedenti, ha una spiccata colorazione blu, che ricorda
le pialle Record, manici in legno
esotico dalla venatura accattivante e alcune parti in ottone, come la vite di
ritenzione del lever cap e la leva di bloccaggio dello stesso.
Suola e fianchi non mostrano sostanziali differenze di
spessore rispeto alla Stanley. I fianchi risultano non perfettamente a squadro
con la suola, cosa che si verifica anche per la Stanley
Dando uno sguardo più ravvicinato si cominciano a cogliere
alcune differenze riguardanti le rifiniture. La Stanley mostra una fusione più
precisa e una maggiore cura dei particolari. Il pomolo anteriore (in questo
modello non inserito nel ring preposto) è leggermente più armonico. Nella Anant
la vite di bloccaggio dello stesso non è perfettamente a filo e il pomolo
poggia sul ring, anzichè esservi incassato, annullando di fatto ogni beneficio
della sua presenza (una minore tendenza alla rottura sotto sforzo intenso).
Guardando dal retro del frog, anche per il manico posteriore
si nota qualche imperfezione di modellamento (ad esempio fuoriesce un pochino
dalla sua base anteriormente). Molto bella invece la rotella di regolazione
della profondità di taglio, di ottone pieno
Guardando i due frog
salta subito all’occhio, la differenza di forma nella parte superiore e la
presenza di zone di discontinuità per la Anant che possono influenzare la
stabilità del ferro. Nella Anant, inoltre, non vi è un perfetto ingaggio tra il
frog e la costa nella parte anteriore e questo potrebe non assicurare la
perfetta stabilità laterale.
La seduta per il frog è risultata stabile per ambedue i
modelli. La vite in ottone di ritenzione del lever cap è leggermente sottodimensionata
nel diametro rispetto al suo foro e pur avvitandosi regolarmente, suscita
qualche dubbio sulla tenuta.
Lo stesso problema lo presenta la vite che regola
l’avanzamento del frog.
Il lever cap della Anant AA4 è funzionale come quello della
Stanley, ma ancora una volta la qualità della rifinitura lascia un po’ a
desiderare.
Sia il manico posteriore che il pomolo anteriore presentano
nella Anant due rondelline spaccate per
facilitare il bloccaggio. Non sono presenti nella Stanley, dove comunque raramente
sono necessarie.
La lama è il punto di forza della nuova Anant AA5, con i
suoi 3 mm circa di spessore. Si nota la differenza con la Stanley SW (laminata)
che è spessa circa 2 mm. Anche il controferro è più spesso, 2,7 mm vs circa 1,8
mm della Stanley. Il foro di aggancio
per la leva ad Y non è ben posizionato, costrigendo la rotella di regolazione
della profondità di taglio quasi a fine corsa.
La lama della Anant è tutt’altro che squadrata di
fabbrica e il tutto è un po’ complicato
dal fatto che i due lati lunghi non sono paralleli, cosa che dovrebbe essere
per assicurare una larghezza costante. La lama misura al tagliente 4,9 cm e il
controferro è circa 3 mm più largo della lama e anche questo particolare è
fuori norma (il controferro è solitamente leggermente più stretto del
tagliente). La lama SW non sappiamo come
usciva di fabbrica, però appare meglio curata nel dimensionamento di ferro e
controferro e misura 2” (5,1 cm circa).
Prova di utilizzo.
Veniamo al test più importante. La piallatura. Le due lame
sono state affilate contemporaneamente con bevel principale a 25° e microbevel
a 30°, profilo leggermente arcuato alle estremità, come si conviene ad una #5.
Il test è stato effettuato su douglas, rovere e mogano, legni che presentano
diversi gradi di difficoltà, cercando di ottenere il massimo risultato in
finezza di taglio, compatibilmente al tipo di preparazione del tagliente.
Il pezzo di Douglas presenta una venatura diritta ed ambedue
le pialle si comportano egregiamente, producendo trucioli molto sottili.
Sul rovere si nota qualche differenza che riguarda
sostanzialmente la morbidezza dei trucioli. La Stanley mostra una maggiore finezza di taglio.
Anche sul mogano le due pialle hanno prestazioni paragonabili.
Entrambe le pialle causano un po’ di strappamento delle fibre (tear out) anche
se la Anant in misura leggermente superiore.
Infine su un pezzo di abete abbiamo provato ad aumentare la
profondità di taglio e ad utilizzare le pialle nel loro lavoro abituale. Le
performances sono state molto simili.
Conclusioni.
L’introduzione delle nuove lame ha consentito alla Anant AA5
di ottenere delle prestazioni di tutto rispetto. La lama di spessore generoso e
il suo controferro (anch’esso più spesso) permettono di affrontare con
sicurezza la spianatura su diversi tipi di legno, anche notoriamente ostici. Di
bella presenza, grazie anche all’introduzione di alcune componenti in ottone,
la Anant sfoggia dei manici di indubbia bellezza, dalla venatura accattivante e
dal colore che mostra un ottimo abinamento a quello del corpo pialla.
Buona la rifinitura di fabbrica di fianchi e suola (che ha
bisogno comunque di essere spianata).
La Stanley type 12 SW ha mostrato una leggera superiorità,
dovuta sicuramente alla qualità della lama e alla cura dei particolari della
meccanica.
Le rifiniture e la qualità dei componenti meccanici sono il
punto debole della Anant e richiedono un buon lavoro di preparazione per la
messa a punto (specialmente per il gruppo di taglio).
Il prezzo e le buone prestazioni fanno di questo attrezzo
una buona alternativa alle più blasonate
Stanley Vintage, permettendo d avere una pialla efficiente per la maggior parte
dei lavori a cui essa è preposta.
Giuliano Parise e Stefano Busetti
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