sabato 5 maggio 2012

Una Storia Italiana

Planemaker è il termine in lingua inglese per indicare il fabbricante di pialle. Questo mestiere deve aver avuto una notevole diffusione soprattutto nel XIX secolo, per andare gradualmente a scomparire nella seconda metà del secolo successivo con  la diffusione capillare dei sistemi meccanizzati. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda sono i paesi dove la produzione industriale di questo utensile è ben testimoniata dalla grande quantità di esemplari che ancora oggi è possibile trovare e dalle informazioni dettagliate sui loro produttori, disponibili soprattutto per merito dei collezionisti. 
Ma quali erano i Planemakers italiani?
Una cosa è certa: i nostri artigiani, nella maggioranza dei casi e ancor di più nel meridione d'Italia, preferivano autocostruire i loro utensili o, se li acquistavano, è probabile che spesso questi provennissero da oltr'Alpe. 
Personalmente sarei in grado di citare decine di produttori stranieri di pialle, ma se mi chiedessero un nome italiano non vi nascondo che avrei qualche difficoltà.
Ad aiutarmi in questa ricerca ci aveva pensato Guido Masoero  (oggi scomparso) , discendente da una famiglia che si era dedicata proprio alla produzione di utensili tradizionali per la lavorazione del legno, soprattutto pialle.
Il nonno di Guido, Antonio Masoero (classe 1872) aveva fondato la U.M.A.T. (Utensili Masoero Antonio Torino) presumibilmente all'inizio del secolo scorso. La fabbrica era sita a Torino, in via Ozegna, 18. L'attività era continuata con i figli di Antonio, Luigi e Eugenio.



Purtroppo nel luglio del 1943, una bomba distrusse per sempre la fabbrica e tutto ciò che rimane è un listino del 1934. 
Lo zio di Guido, Eugenio ha continuato a costruire pialle fino agli anni '80. Ecco le ultime fatte per diletto:




Ma veniamo al listino del 1934 che gentilmente Guido ci ha messo a disposizione. E' composto di 15 pagine con un assortimento completo di pialle, nonchè alcune seghe a telaio, banchi da falegname e qualche altro utensile.

La prima cosa che mi è saltata all'occhio è il sistema di inserimento del controferro che veniva adottato per buona parte delle pialle da banco: il controferro non è avvitato alla lama, come si vede solitamente, ma è incastrato sopra il cuneo, che si ritrova nel mezzo. Non è una configurazione molto comune e non saprei dire quali possono essere i pro e i contro di questa soluzione, anche perchè non ho mai avuto modo di provarla.
Accanto alle pialle di uso comune, ci sono anche quelle specializzate che, a giudicare dai disegni, dovevano essere di ottima fattura. Mi ha colpito una pialla per piattabanda, dotata di manico, e tre lame. Una per eseguire la battuta, una per tranciare le fibre nel taglio traverso vena, e un'altra per modanare i lati della bugna. Fantastico! Mai vista una simile.


Quanto costava una tale meraviglia nel 1934? Il prezzo variava in funzione del legno utilizzato e del tipo di lama (D.V.C.=ferro Doppio a Vite Corta, ma non ho ben compreso a quale vite ci si riferisce). Nel 1934 la lira ottenne il potere di acquisto più alto tra le due Guerre Mondiali. Con 30 lire si acquistava un paio di scarpe medio. Una forma di pane costava circa 1,50 lire. Da ciò si può pensare che 30 lire oggi varrebbero 50-80 euro, un prezzo che sembra realistico (anche a buon mercato) per la nostra pialla.
Scorrendo le pagine del listino, non mancano altri modelli specializzati, tra cui una pialla per dente e canale combinata, simile a quella di cui ho parlato nel post precedente.

Da notare la costruzione a fianco aperto, che semplifica molto la realizzazione dell'attrezzo ma che richiede una maggiore cura nel garantire che la lama sia ben posizionata per svolgere il proprio lavoro correttamente. Finisco questa breve carrelata sul contenuto del listino U.M.A.T. del 1934, descrivendo le pialle per gelosie. Le gelosie sono quelle persiane con lamelle inclinate e inserite nei montanti in scanalature tagliate traverso vena (o meglio in direzione obliqua). 
Per fare questo lavoro occorre che le fibre vengano pre-tagliate prima che la lama possa produrre trucioli e scavare il canale.
A questo serve la coppia di speroni posizionata nella parte anteriore dell'utensile. La larghezza della scanalatura variava da 8 a 12 mm.




























Ringrazio Guido Masoero per avermi dato l'opportunità di raccontare la storia della U.M.A.T. e per avermi fatto scoprire che anche da noi in Italia c'è stato qualcuno che ha prodotto pialle di prima qualità. La passione per la lavorazione del legno è rimasta sempre nel cuore di Guido il quale, tra l'altro, si dedicava con successo e passione alla nobile arte della tornitura. 
Vi segnalo il suo bellissimo sito:


Scarica il listino completo (6,95 MB)

6 commenti:

  1. Ben fatto Giuliano, ma manca qualche parola verso la fine.

    Guido

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    1. Ora dovrebbe leggersi tutto.
      Grazie ancora
      Giuliano

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    2. Complimenti Giuliano hai scoperto un vero tesoro storico, anch'io ringrazio Masoero Guido per la sua disponibilità e per il suo bel sito per l'insegnamento all'arte della tornitura, con il primo capitolo ho capito perchè usando il rullino di carta vetrata sul trapano mi si sfila il mandrino.
      Nessuno può mettere in dubbio le capacità dei falegnami Italiani dei tempi passati ma ora sappiamo anche che non erano secondi a nessuno nella costruzione degli strumenti di lavoro.
      Ciao Vittorio

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  2. Grazie, Giuliano, io adoro questo genere di articoli.
    Le pialle sembrano davvero molto ben fatte, sia quelle del catalogo sia quelle di Eugenio.
    Quella col controferro posto anteriormente al cuneo è curiosa e sicuramente da studiare.
    Grazie anche a Guido, naturalmente. Bravi.
    Ciao, Andrea.

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    1. La prima volta vidi questo sistema 4 anni fa:

      http://www.il-legno.it/forum/viewtopic.php?f=15&t=21900&hilit=piallone

      Di primo acchitto dubitai addirittura che il sistema fosse corretto, ma mi sono dovuto ricredere......
      Giuliano

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    2. Anche se purtroppo non sono riuscito a vedere le foto, ho trovato il thread molto interessante.
      Mi chiedo se sia semplice da settare, sopratutto in maniera fine.
      E mi chiedo anche se ci siano dei vantaggi rispetto ai controferri posizionati sulla lama.
      In ogni caso, se non avessi visti i disegni del catalogo, anch'io avrei pensato ad un errato posizionamento.

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