lunedì 25 novembre 2013

Non solo pialle Stanley

E' già, le pialle Stanley sono certamente tra le più famose al mondo, e nell'epoca in cui questi attrezzi facevano davvero la differenza, allo scadere dei brevetti, furono imitate da un gran numero di produttori di utensili. Marples e Record in Inghilterra, Sargent, Millers Falls, Winchester, Union negli USA....solo per citare i più famosi. E per concorrere con le blasonate Stanley, certo non si poteva fare a meno di produrre utensili altrettanto efficienti. 


Alcuni grossi fornitori commissionarono a Stanley i loro utensili. E' il caso anche di Simmons (St.Louis) che già dal 1866  marchiava i suoi utensili più prestigiosi col marchio "Keen Kutter", mantenuto sembra fino agli anni '40. A mia conoscenza ci sono due serie di pialle Keen Kutter, una indicata con la sigla K, simile alle Stanley Bedrock prima maniera (queste non avevano la possibilità di regolare il movimento del frog senza spostare il gruppo di taglio, come nelle Bedrock successive), l'altra contrassegnata con la sigla KK, probabilmente prodotta da Sargent (Ringrazio Mike Hamilton per avermi fornito maggiori informazioni al riguardo).
E proprio su uno degli esemplari della serie K che ho avuto l'occasione di mettere le mani. 


E' una Keen Kutter K3 di proprietà dell'amico Ciro Marzio, un liutaio molto apprezzato, conoscitore e utilizzatore degli utensili manuali. Conoscendo la mia passione per le pialle mi ha chiesto di "truccare" questa pialla, dotandola di una lama da pialla in legno e preparandola all'utilizzo come pialla da finitura per legni "difficili".


Ne ho approfittato per dargli uno sguardo ravvicinato e scattare qualche foto. 

Devo dire che la pialla è molto ben fatta e ben rifinita. I manici sono in palissandro e la meccanica funziona perfettamente. 
Conoscendo i gusti di Ciro ho fatto solo un ripristino funzionale, senza alterare l'aria vissuta della pialla. Il recupero è stato agevole grazie anche alle ottime condizioni in cui si trovava la pialla. 

La lama fornitami è una "Due Ciliege" rastremata, con uno spessore al tagliente di ben 4 mm, molto di più di una lama ordinaria tipo Stanley. Per permettere alla leva ad Y di ingaggiare correttamente il controferro è stato necessario allungarla di qualche mm. Il mio metodo consiste nel dare un punto di saldatura sulla punta e di rimodellare alla forma originaria. 


Alcune volte occorre allungare e allargare l'asola della lama e sostituire o adattare la vite del controferro, ma in questo caso non è stato neccessario.

 Il letto che accoglie il frog, come nelle Stanley Bedrock, declina verso la bocca e ciò rende possibile un pieno supporto della lama vicino al tagliente praticamente in tutte le posizioni utili e ha consentito di inserire la lama più spessa senza dover allargare la bocca, cosa che ho dovuto fare invece con le Bailey e le Record.

Avendo l'esigenza di aprire il passaggio ai trucioli di pochi decimi di mm (3 decimi in questo caso) ho creato un bevel (punto rosso nel disegno) sulla parte interna della bocca, senza alterarne l'ampiezza ma creando così maggior spazio all'espulsione dei trucioli.



In una pialla da finitura, la lama la affilo col tagliente diritto, smussando solo i due spigoli laterali.

 In questo caso, come da istruzioni di Ciro, ho aggiunto un back bevel di 10°, per un angolo di taglio finale di 55°.
Il risultato, grazie anche alla qualità della lama, mi ha soddisfatto fin dai primi trucioli, e spero soddisfi anche l'amico Ciro.



   

domenica 6 ottobre 2013

Plane cabinet





 Quando ho realizzato il mio banco da lavoro, avevo previsto un piano a giorno per ospitare le pialle in legno di più frequente utilizzo. Lo scaffale si è riempito però rapidamente e da tempo avevo diverse pialle che giravano per il laboratorio senza un posto fisso dove riporle.
La realizzazione di un mobile porta-attrezzi, dedicato alle pialle manuali, è un modo valido per tenerle sempre in ordine e a portata di mano.  Lo schema costruttivo prevede l’inserimento dei pannelli in scanalature scavate sul perimetro interno dei telai.

in basso gli alloggiamenti per le pialle lunghe
Una vite a occhiello aggancia la catena che trattiene lo scaffale a ribalta
.
il mobile è fissato al muro per evitare ribaltamenti
Per sfruttare al meglio lo spazio disponibile, gli attrezzi più lunghi (pialloni) sono ospitati in posizione verticale nella parte posteriore del mobile. Una scaffalatura mobile ospita le pialle di dimensioni più contenute e, inclinandosi, consente l’accesso  al retro.

I pialloni sono accessibili dall'alto, dopo aver ribaltato la scaffalatura
Per la realizazione ho utilizzato legno di recupero, quasi tutto proveniente da infissi dismessi in Douglas (oltre ad una piccola quantità di abete). Utilizzando legno di recupero ci sono di solito alcuni compromessi che bisogna accettare se si vuole realizzare il manufatto in economia senza dover scartare la maggior parte del legno. Nel nostro caso il legno era verniciato ed è stato esposto al sole per decenni in misura variabile; ciò ha causato differenze di tonalità che si notano soprattutto nei pannelli laterali.
In fondo si tratta di un mobile destinato al laboratorio e si può perdonare qualche imperfezione dei pezzi.

I dettagli costruttivi sono illustrati nel video pubblicato nel post precedente. 



mercoledì 14 agosto 2013

Telaio e pannelli, un modo di costruire mobili......

......che offre tanti vantaggi:
1) I pannelli sono sottili e consentono di allegerire la struttura e risparmiare sul legno.
2) I telai possono essere uniti con incastri a tenone e mortasa, giunto semplice e robusto.
3) Possiamo aggiungere modanature e bugnature assecondando la nostra fantasia.
4) I pannelli sono liberi di muoversi seguendo i cambi di umidità.

Ma vediamolo più da vicino nel video che segue:


venerdì 9 agosto 2013

Moving Fillister, per battute e....per bugne


La pialla per battute a guida regolabile è una delle pialle in legno che maggiormente compete per prestazioni con le sue sorelle metalliche. Il modello in mio possesso è una moving fillitster, di provenienza britannica, prodotta da Kendall (York, 1818-1830).



Questa pialle hanno una struttura massiccia e prevedono l'espulsione laterale dei trucioli; la lama siede in posizione angolata (skewed). E' presente uno stop di profondità regolabile mediante una vite a testa schiacciata situata sul lato superiore del corpo pialla. Inoltre sul lato destro dell'attrezzo si trova uno sperone tenuto da un piccolo cuneo che ha la funzione di pre-incidere le fibre per i tagli traverso vena. Sulla suola è fissata una guida parallela regolabile, tenuta in posizione da due grosse viti.
La pialla funziona molto bene sia lungovena che traverso vena, dove maggiormente si apprezzano le sue qualità, tanto che la utilizzo anche per la realizzazione di pannelli con bugne semplici.



Una volta ottenuto il pannello da bugnare, si traccia lo spessore finale su tutti i bordi. Questo spessore corrisponde a quello della scanalatura meno una quota (1-2 mm) che serve a permettere al bordo cuneiforme di potersi inserire nella scanalatura e al pannello di potersi muovere nel caso ci fossero cambi di umidità dell'ambiente circostante.
Il pannello va lavorato prima traverso vena da entrambi i lati, quindi in senso longitudinale.

 Questo accorgimento permette di correggere eventuali strappi in uscita che potrebbero verificarsi nel taglio traverso vena.

Con lo sperone in posizione di taglio si tracciano le estremità interne delle battute tirando la pialla all'indietro per un paio di volte. Si imposta quindi lo stop di profondità alla misura che si desidera per lo scalino interno e si taglia una battuta.





Nello step successivo la pialla va inclinata sul fianco sinistro per creare lo smusso. Un'inclinazione di circa10° è sufficiente per creare l'effetto voluto. Questa inclinazione la ottengo ad occhio, cercando di ripeterla per tutti e quattro i lati.


 Il lavoro termina quando si raggiunge la linea di demarcazione dello spessore finale.



Un pezzo di telaio ci serve controllare che il pannello possa inserirsi correttamente nella scanalatura.

Si ripete la procedura in senso longitudinale, questa volta senza sperone.
Qualche piccola rettifica con la shoulder e il pannello è pronto per essere utilizzato.




lunedì 24 giugno 2013

Una nuova vecchia casa per la Lewin



Alcuni giorni fa ho terminato la stesura di un articolo per la rivista Legnolab in cui ho trattato il tema delle pialle combinate e loro utilizzo (sarà in edicola a Luglio). Ne ho approfittato per affrontare un lavoro che avevo in mente da qualche tempo e riguardante una pialla combinata poco comune, la Lewin.
La Lewin Universal Plane è una pialla combinata commercializzata in Inghilterra verso la metà del secolo scorso. Simile alle Stanley 45 e 50, era caratterizzata da un corpo in alluminio su cui sono fissate le slitte in acciaio. Un'altra peculiarità sono i perni a camma, anzichè a vite, efficaci e rapidi da allentare e fissare. L'esemplare  in mio possesso era in eccellenti condizioni, completo di tutte le lame e del manuale di istruzioni originale. La scatola in legno, anch'essa originale, al contrario, è giunta in pessime condizioni.

 Il fondo in compensato era praticamente irrecuperabile e il coperchio si presentava distorto e col piallaccio quasi del tutto scollato. Anche i lati della scatola, in pino, mostravano i segni del tempo con spaccature presenti su tre dei quattro lati. 

Era chiaro che la scatola fosse stata conservata in un ambiente molto umido, umidità che ha messo a dura prova il legno con pesanti conseguenze. Sia la pialla che le lame, invece, hanno resistito bene, grazie ad uno spesso strato di grasso che ho trovato un po' dovunque: evidentemente qualcuno ha pensato bene di preservare il prezioso contenuto. Grazie!

Ho deciso così di intraprendere il restauro della scatola, cercando di conservare per quanto possibile i segni del tempo che conferiscono un bell'aspetto vissuto. La prima operazione è consistita nel disassemblare i pezzi. I chiodi molto sottili e arrugginiti non hanno consentito di recuperarli. Ho provveduto a riparare le spaccature e, dove necessario ho aggiunto dei pezzi di pino per ripristinare le dimensioni originali. 


Gli incastri tra i lati erano in origine a dente e canale a tutta lunghezza ma, viste le condizioni del legno in quei punti, ho preferito semplificarli con degli incastri a battuta, aggiungendo un po' di legno nuovo e aiutandomi con dei chiodi nuovi per incollare e  rinforzare. 

Il piallaccio superiore del coperchio sono riuscito a scollarlo e l'ho recuperato  riutilizzandolo su un compensato di pioppo da 4 mm.
Il fondo, l'ho impiallacciato ex novo da entrambi i lati, utilizzando un piallaccio di pino per il lato esterno e uno di faggio per il lato interno: l'originale era fatto in maniera simile. 


Per fissare i piallacci ho utilizzato della colla animale e ho incollato pressando il tutto tra due tavolette per 24 ore. 



L'interno della scatola presentava anch'esso alcune criticità. Il contenitore per le lame, ricavato da un blocco di pino, era incollato a due lati della scatola esponendo una vena contraria per una decina di cm circa. Ciò ha contribuito alle spaccature in quei punti. Per questo motivo ho preferito lasciarlo libero sul fondo della scatola, sebbene vincolato nell'angolo da due piccoli listelli incollati ai lati, questa volta con la vena nel senso giusto. Questo sistema consente all'occorrenza di sfilare il portalame e tenerlo comodamente sul banco.


 
Il sistema di fissaggio della pialla è molto valido e consente di tenerla sempre assemblata e sollevata dal fondo che in questo modo non subisce lo stress di un peso eccessivo. Uno dei due supporti interni è stato sostituito. Ne ho approfittato per aumentarne un po' lo spessore in modo da offrire maggiore supporto alle due barre cilindriche. Anche il manuale originale ha trovato il suo posto, protetto da una custodia in plastica trasparente. 
All'esterno ho ridato un po' di colorito con una mano di tinta composta da 7 parti di acqua, 2 parti di tingente concentrato ciliegio, 3 parti di tingente concentrato palissandro, cercando di imitare per quanto possibile il colore originale. Una mano di cera ha completato la finitura.


Mancava però ancora una cosa. Guardando bene su uno dei lati corti della scatola ho rilevato quello che doveva essere il rimanente di una etichetta descrittiva della pialla e, dalla zona più chiara rimasta sul legno, ne ho desunto le dimensioni precise. 
Girovagando in rete ho trovato quello che cercavo. Ho stampato l'etichetta e ne ho fatto una copia fotostatica a colori (l'inchiostro a getto della mia stampante non è molto resistente). 


Per anticare un po' la carta ho utilizzato del caffè diluito in cui ho immerso il foglio, agitando per alcuni minuti. Un minuto nel forno a micro-onde e il gioco è fatto, il colore è quello giusto con qualche macchia dovuta all'asciugatura rapida.


La Lewin, con la sua nuova vecchia scatola è ora pronta per riprendere il lavoro.